Creatività: come lavorare sulla motivazione per incentivarla?

Creatività: come lavorare sulla motivazione per incentivarla?

Nel precedente articolo abbiamo visto come la motivazione sia un ingrediente fondamentale per lo sviluppo della creatività e dell’innovazione, competenze fortemente ricercate nell’attuale scenario lavorativo.

In particolare, abbiamo visto come la leva per stimolare comportamenti creativi e innovativi sia la motivazione intrinseca ovvero quella che ci consente di sentirci realizzati e appagati nella realizzazione di un compito.
Al contrario, la motivazione estrinseca, cioè quella basata sull’ottenimento di premi e incentivi economici al raggiungimento dell’obiettivo, addirittura compromette lo sviluppo di comportamenti creativi in quanto sposta la nostra attenzione dal compito all’ottenimento del beneficio.

Come le aziende possono lavorare allora sulla motivazione per incentivare lo sviluppo di comportamenti creativi e innovativi?

Il concetto di motivazione intrinseca abbiamo visto che esprime il desiderio di intraprendere un’attività per la soddisfazione ad essa inerente, anziché per una conseguenza da essa separata (Deci & Ryan, 2008).
Una persona intrinsecamente motivata si attiverà dunque verso quelle azioni che stimolano in lui interesse, sfida, piacere e che non lo assoggettano a pressioni esterne. La motivazione intrinseca è dunque auto-determinata.

Al contrario, le attività estrinsecamente motivate verranno intraprese perché strumentali all’ottenimento di una ricompensa sotto forma di premio, lode, riconoscimento ma anche approvazione di sé stessi.

Alcuni autori sostengono che alcuni individui prediligono fattori estrinseci mentre altri fattori intrinseci e che i fattori motivanti di tipo estrinseco ed intrinseco possano avere effetti diversi a seconda della tipologia dell’individuo. Individui focalizzati sulla motivazione intrinseca prediligono compiti cognitivi sfidanti, il che significa che incentivi economici, obiettivi e scadenze non avranno grande effetto sulla loro motivazione.

Abbiamo visto inoltre come motivazione estrinseca e intrinseca, seppur distinte, sono strettamente collegate.

Rispetto a queste due componenti, grande interesse è stato posto all’effetto crowding-out (Frey, 2001) ossia alla possibilità che un eccesso di motivazione estrinseca, causi una riduzione della motivazione intrinseca. Ad esempio un aumento di stipendio può causare una diminuzione dell’interesse personale e della volontarietà dell’azione, lasciando inalterato o addirittura facendo decrescere l’impegno sul lavoro.

Questa analisi sostiene la possibilità che il salario entri nella funzione di scelta dell’individuo non più solo come una determinante positiva, ma anche con una componente negativa, intermediata da effetti distorsivi sulle altre motivazioni.

Non sempre insomma è una questione di soldi!

La maggior parte dei sistemi operativi aziendali si basa su motivazioni estrinseche: il classico metodo della carota e del bastone. Ciò funzionava brillantemente per la maggior parte dei lavori del ventesimo secolo, che richiedevano di eseguire un certo lavoro per arrivare da un punto A a un punto B seguendo un percorso delineato. Queste mansioni basate sulla routine seguendo delle regole predeterminate – alcuni tipi di contabilità, analisi finanziaria ecc – sono diventate però sempre meno centrali nello sviluppo del new business.

Per molte professioni del ventunesimo secolo, che richiedono l’utilizzo di capacità creative e concettuali, dove le regole sono incerte, e le soluzioni varie e sorprendenti, questo approccio meccanicistico di ricompensa e punizione ha l’effetto opposto.

Come si stanno comportando allora le aziende che hanno abbracciato l’idea che la motivazione migliore sia quella intrinseca e non quella economica?

Assumendo ovviamente che le persone ricevano una paga giusta e rispettabile, la risposta sta nel puntare sull’auto-determinazione e sull’autonomia personale delle persone.

Un esempio celebre di questo tipo di autonomia è rappresentato dal caso Encarta, l’enciclopedia online creata da Microsoft a metà anni ‘90. L’azienda ha assoldato dei professionisti, chiedendo loro di lavorare alla raccolta e all’edizione delle voci enciclopediche. Tutto il team di esperti era sotto il diretto controllo di manager attenti al rispetto delle deadline, del budget e in grado di dettare i tempi.

Il progetto si è rivelato essere un vero fiasco. Ha avuto poco successo ed è stata presto dimenticato.

Pochi anni dopo però, è nata una organizzazione con molte meno risorse ma con lo stesso identico obiettivo. Si chiama Wikipedia, è uno dei siti più visitati in tutto il mondo e ancora oggi continua a crescere.

Cosa spiega questi esiti?

Gli autori delle voci enciclopediche di Wikipedia non sono pagati, ma contribuiscono al progetto per divertimento personale, in autonomia, per contribuire a creare un bene comune più alto.

Arrivando ai tempi più recenti, diverse imprese prescrivono ai propri tecnici, ingegneri, manager, di prendersi del tempo (un periodo oppure una percentuale del tempo lavorativo, con libertà di usare le risorse aziendali) per lavorare su qualunque progetto piaccia loro, meglio se diverso dal loro lavoro consueto. Nascono così le migliori idee da sviluppare.

Il risultato di questi e tanti altri “esperimenti” aziendali è che la produttività e l’innovazione aumentano, l’impegno dei lavoratori e la loro soddisfazione crescono, il turnover diminuisce ed emergono soluzioni che non sarebbero mai state pensate nella routine quotidiana.

È questa la sfida della smart organization e, di conseguenza, della formazione: creare le condizioni per lo sviluppo dell’autonomia, della creatività e del pensiero laterale nei dirigenti, per una sfida competitiva ancora tutta da giocare.